Gianfranco Ravasi

IL BELLO DELLA BIBBIA

Tratto da Famiglia Cristiana
 

Lotta faccia a faccia con Dio

Un uomo lottò con Giacobbe fino allo spuntare dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore... Giacobbe gli disse: 
non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!... Gli disse:
Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto! Giacobbe gli chiese:
Dimmi il tuo nome! Rispose: 
Perché mi domandi il nome? E lo benedisse». 
Sono queste le battute principali di una pagina grandiosa del libro della Genesi (32,23-33), quella della lotta di Giacobbe con un personaggio misterioso, identificato dalla tradizione con un angelo, segno del mistero divino, lotta che si svolge sulle rivedi un affluente del Giordano, il fiume Jabbok.
Questo duello ha affascinato nei secoli l’arte e la letteratura. 
Nell’arte paleocristiana la lotta è modellata sui gruppi statuari degli antichi gladiatori della classicità greco-romana. 
Indimenticabile è la straordinaria mobilità e potenza del fronteggiarsi tra Giacobbe e l’angelo nella tela di Rembrandt (1659) conservata a Berlino, superiore al classicheggiante affresco di Delacroix eseguito tra il 1853 e il 1861 perla chiesa di San Sulpizio a Parigi e all’olio su tela di Chagall e così via. 
Suggestivo è anche il quadro Visione dopo il sermone di Gauguin (1888), conservato a Edimburgo. 
In primo piano le tipiche cuffie delle donne bretoni; esse hanno ascoltato un sermone su Genesi 32: al centro, in una piazza color sangue, esse vedono l’angelo e Giacobbe piegato mentre sta lottando.
Il mistero dell’incontro-scontro con Dio si riproduce nella quotidianità della vita, all’uscita della chiesa, nella piazza del villaggio. 
Il poeta russo Majakowskij, invece, lo riproponeva come parabola del suo rifiuto di Dio:
«È risaputo: tra me e Dio ci sono moltissimi dissensi... Egli è il sovrano del tutto, mio rivale, mio insuperabile nemico». 
Antitetiche saranno, invece, le interpretazioni religiose di altri scrittori, come Pierre Emmanuel, Alphonse de Lamartine, Tahar Ben Jelloun, Elie Wiesel e altri ancora. 
Il teologo americano Harvey Cox osservava che «il nome, cioè la realtà del nuovo popolo, Israele, non è costituito più in base alla fedeltà, ma piuttosto in ragione della lotta con Dio».
Il racconto biblico è inquadrato all’interno del ritorno di Giacobbe nella terra dei padri dopo l’esilio presso lo zio Labano per sfuggire al fratello ingannato Esaù. La vicenda del fiume Jabbok è una specie di “agonia”, cioè di lotta e di morte dalla quale nasce un uomo nuovo che non si chiamerà più Giacobbe ma porterà il nome del popolo stesso, Israele. 
E significativo che il profeta Osea e il libro della Sapienza vedranno questo episodio come una preghiera del patriarca. Osea: «Giacobbe da adulto lottò con Dio, lottò con l’angelo e vinse, pianse e domandò grazia» (12,4-5). 
II libro della Sapienza: «Il Signore assegnò a Giacobbe la vittoria in dura lotta perché sapesse che la pietà è più potente di tutto» (10,12).